Storia
Le nostre nonne “aleksandrinke”
Il fenomeno di massa dell'emigrazione femminile dal Goriziano in Egitto ebbe inizio nella seconda metà del XIX secolo, poiché durante la costruzione del Canale di Suez e maggiormente ancora dopo la sua apertura, nel 1869, aumentò il numero di uomini d'affari in Egitto, stabilitisi soprattutto ad Alessandria e al Cairo. Le ragazze e le donne per lo più d'origine contadina trovavano lavoro da ricche famiglie europee come cuoche, cameriere, badanti dei bambini, balie, governanti, sarte, ecc.
Le donne nubili svolgevano questa professione a vita. Normalmente tornavano a casa solo per brevi periodi di vacanze, nel paese nativo si stabilirono solo dopo il pensionamento. La situazione era molto più difficile per le donne sposate e madri che spesso lasciavano a casa un figlio di pochi mesi per un lavoro ben pagato di balie in Egitto. Il termine specifico “aleksandrinke”* cioè alessandrine, diffusosi nel Goriziano, dimostra che si trattava di un fenomenodi massa. La parola deriva dal nome della città di Alessandria d'Egitto, dove la maggior parte di queste donne e ragazze slovene trovò lavoro.
Le ragioni della migrazione perlopiù temporanea erano principalmente di natura economica. Il guadagno che le donne inviavano a casa per posta o saltuariamente tramite parenti e amici che alla terra d'origine andavano in visita oppure ritornavano definitivamente, all'inizio serviva alla sopravvivenza della famiglia e dopo anche a dare un'istruzione ai figli, alla costruzione o ricostruzione di case o di altri edifici come le stalle. La maggior parte delle donne tornò a casa dopo aver guadagnato i soldi necessari.
Le ultime donne del Goriziano che prestavano servizio in Egitto con cuore spezzato tornavano nei paesi d'origine alla fine degli anni '60 e all'inizio degli anni '70 del XX secolo, anche se il fenomeno iniziò a calare drasticamente dopo la Seconda Guerra Mondiale.
*Il termine 'aleksandrinke' non è tradotto perché non si tratta di abitanti di Alessandria d'Egitto, ma di un termine specifico che è stato coniato dalla popolazione locale nel periodo della maggior espansione del fenomeno. In sloveno infatti i due termini si differenziano con l'uso della maiuscola - per le abitanti di Alessandria, mentre il tipo di emigrazione si scrive con l'iniziale minuscola.
A casa le chiamavano "lešandrinke" e in Egitto "les Goriciens, les Slaves, les Slovenes"
In cerca di lavoro molte ragazze e donne slovene attraversarono tutto il Mediterraneo per salvare le proprie fattorie indebitate o per guadagnarsi la dote. Probabilmente la prima "aleksandrinka" aveva lavorato per una famiglia di Gorizia o Trieste che si é trasferita in Egitto, all'epoca una società fiorente, prendendola con sé. In questo modo si è spianata la strada a un'emigrazione di massa di donne e ragazze dei paesini del Goriziano.
Il movente della migrazione nella seconda metà del XIX secolo fu principalmente una pessima condizione di vita dei contadini sloveni, provocata dall'industrializzazione, da un modo superato di allevamento e da tasse alte. A causa degli effetti della Grande Guerra e dell'ascesa del fascismo la precaria situazione economica nei paesini sloveni in Italia è peggiorata. Gli uomini non trovavano lavoro, mentre le donne in Egitto lo trovavano facilmente. Eseguivano il lavoro di badanti, balie, cuoche, cameriere o domestiche. Poiché erano conosciute come grandi lavoratrici, erano molto ricercate in Egitto. Le chiamavano "les Goriciens, les Slaves, les Slovenes". Quelle che lavoravano in Egitto cercavano lavoro a sorelle, cugine, amiche, vicine di casa, compaesane, ecc. Il guadagno era buono - almeno quattro volte in più a quello che avrebbero guadagnato a Trieste o a Gorizia. Dopo la partenza, i legami familiari diventavano sempre più deboli e per questo era sempre più difficile tornare. Alcune donne sono andate in Egitto una volta sola, ma spesso ci andavano più volte. Non poche avevano lavorato lontano da casa e dalla patria per tutta la loro vita. Dopo il cambio del governo egiziano negli anni '50 del XX secolo, le famiglie dalle quali lavoravano cominciarono a lasciare l'Egitto e queste donne spesso andavano con loro.
Le balie vivevano la situazione più difficile, perché la natura del lavoro che svolgevano richiedeva di lasciare a casa il figlio appena nato e con il proprio latte nutrire figli altrui. I destini di queste donne e dei loro discendenti sono le più tristi. Si scrivono però anche storie felici. Alcune avevano trovato in Egitto l'amore e sposandosi avevano raggiunto una certa stabilita' economica. Ora i loro figli sono sparsi in tutto il mondo - dal Canada, Stati Uniti d'America, Francia, Svizzera, fino all'Australia.
Incontri nei parchi e di domenica pomeriggio
Verso la fine del XIX secolo è stata fondata l'associazione slava "Sloga" (Concordanza) che è stata poi ribattezzata in associazione slovena "Slovenska palma ob Nilu" (Palma slovena sul Nilo). Nell'ambito dell'associazione è stato istituito un asilo, "Azil Franja Josipa" (Asilo di Francesco Giuseppe d'Austria), per dare appoggio alle donne disoccupate. La tutela delle ragazze e donne dal 1908 in poi - prima ad Alessandria e poco dopo anche al Cairo - è stata organizzata dalle suore scolastiche francescane di Cristo Re. L'asilo presto comprendeva anche una scuola slovena, una scuola materna e una biblioteca. Un'associazione analoga, attiva anche al Cairo - Društvo sv. Cirila in Metoda (Associazione di San Cirillo e Metodio) - fu fondata nel 1908.
Coloro che lavoravano come badanti s'incontravano quasi giornalmente, durante le passeggiate nel parco con i bambini. Agli incontri erano dedicate le domeniche pomeriggio, quando erano libere dal lavoro. Le riunioni avevano uno scopo culturale, religioso e personale: si cantavano canzoni popolari slovene, si leggevano libri, si assisteva alle messe in sloveno e si allestivano piccole rappresentazioni teatrali. Durante le riunioni si scambiavano notizie da casa, inoltre si facevano forza e si confortavano tra di loro. Quando era necessario, si aiutavano a vicenda. Già solo il fatto di vedere tanti volti conosciuti e ascoltare la propria lingua madre le faceva sentire più vicino a casa.